E’ una vera e propria “full immersion” di un giorno nell’Aspromonte greco, tra borghi abbandonati, borghi che resistono e borghi che hanno addirittura ripreso a fiorire. Qui la gente ha fino ad oggi conservato la lingua greca e delle tradizioni millenarie. E’ un viaggio indietro nel tempo pieno di impressioni paesaggistiche, naturalistiche, storico-culturali, geologiche e gastronomiche da vivere con tutti i sensi!
Il paesaggio è dominato durante l’intero tour dalla fiumara Amendolea, geosito di importanza internazionale, che ci offre continue viste mozzafiato sul suo alveo pietroso che sembra un nastro d’argento che meandreggia dalla montagna verso il mare.
Prima tappa è Bova, capitale culturale dell’area grecanica e considerato uno dei borghi più belli d’Italia, situata a 850 m s.l.m. con insegne in lingua greca, pittoreschi viottoli, numerose chiese, i resti del castello e della torre normanna e il Museo della Lingua Greco-Calabra dedicato al filologo tedesco Gerhard Rohlfs che dedicò oltre 60 anni della sua vita allo studio dell’idioma, della gente e delle tradizioni di quest’area. Dopo la visita del borgo e del museo riprendiamo il nostro viaggio verso l’entroterra.
Dopo un tratto con curve sinuose e viste indescrivibili su Bova e sulla fiumara Amendolea raggiungiamo i Piani di Bova ed entriamo in uno scenario completamente diverso. Qui troviamo piantagioni di alberi di frutta, vacche e capre che pascolano e poi, a poco più di 1000 m s.l.m. il bosco con una frescura completamente inaspettata. E’ veramente il luogo ideale per una breve passeggiata e un picnic con prodotti tipici.
Quasi in mezzo al nulla ci aspetta una roccia bizzarra che sembra scrutarci. Si tratta della Rocca del Draku, geosito di rilevanza nazionale e luogo di innumerevoli storie e leggende e testimone di una particolarissima storia geologica.
E poi lo vediamo dall’alto, il paese Roghudi Vecchio, situato in posizione mozzafiato su uno sperone tra la fiumara Amendolea e il torrente Furria. Il borgo fu abbandonato nei primi anni 70 di seguito a delle alluvioni e per gli abitanti cominciò una vera e propria Odissea finché poterono sistemarsi nel nuovo paese vicino a Melito di Porto Salvo. Ma si sentivano sradicati e facevano fatica ad abituarsi a questa nuova vita in cui mancavano gli orti, il bestiame, la comunità. Le case abbandonate ma tutt’ora pieni di oggetti sono muti testimoni di una vita d’altri tempi, dura e difficile ma forse meno infelice di quanto possa sembrare.
La nostra ultima meta è il paesino Gallicianò. Qui resistono appena quaranta abitanti e difendono orgogliosamente lingua e tradizioni. Il paese, senza più scuola né market, è ben nascosto e non facile da raggiungere ed è proprio per questo isolamento che ha conservato in maniera particolare la lingua grecanica. Ma il viaggiatore che si avventura fin qui viene accolto a braccia aperte e gode del privilegio di conoscere l’antica ospitalità della Magna Grecia e di vivere un pezzo di Calabria assolutamente autentico. Visitiamo la fontana dell’amore, la piccola chiesetta ortodossa e il museo etnografico. E per chiudere veramente alla grande la giornata e assaporare non soltanto l’atmosfera ma anche le pietanze di questo paesino magico ci fermiamo a cena.